• Collezione: Centro "Luigi Bobbio" per la ricerca sociale pubblica e applicata

Bonaire

Questa scheda analizza il territorio di Bonaire ed è parte di Europa d’Oltremare: un Atlante delle culture, realizzato da Arcipelago Europa – Centro di ricerca su Culture, Società e Ambienti nell'Europa d’Oltremare. Europa d’Oltremare: un Atlante delle culture è un progetto di pubblicazione che mira a diffondere la conoscenza degli Oltremare europei ponendo attenzione alle relazioni sociali e agli ambienti, alle peculiarità linguistiche, culturali e istituzionali, alle relazioni interetniche e alle diseguaglianze socioeconomiche, alle forme di autonomia e alle rivendicazioni di sovranità. Si tratta di un atlante socioculturale composto di schede dedicate ai singoli Paesi e Territori d’Oltremare (PTOM) e Regioni Ultraperiferiche (RUP) dell’Unione europea. Le schede sono curate da Arcipelago Europa in collaborazione con docenti, ricercatori, ricercatrici, specialisti e specialiste degli e dagli Oltremare. Nell'ordinamento dell’Unione europea i Paesi e Territori d’Oltremare (PTOM) sono isole associate all'UE in virtù della relazione speciale che intrattengono con uno degli Stati membri (Francia,Danimarca, Regno dei Paesi Bassi). Seppur non indipendenti, i PTOM sono dotati di peculiari forme di autonomia nei confronti degli Stati a cui sono legati. Essi non fanno parte del territorio dell’UE, ma i loro abitanti sono cittadini europei e partecipano alle elezioni europee. Le Regioni Ultraperiferiche (RUP), invece, fanno parte dell’UE, in quanto parte integrante del territorio di uno degli Stati membri (Spagna, Portogallo, Francia). Vi si applicano pienamente il diritto nazionale e quello comunitario.

Criticità, potenzialità e fattori di implementazione del lavoro da remoto L’insegnamento del periodo pandemico sul territorio torinese

La ricerca “Criticità, potenzialità e fattori di implementazione del lavoro da remoto”, nata dalla collaborazione fra il Centro Luigi Bobbio per la Ricerca Sociale Pubblica e Applicata e l’Osservatorio su Università e Professioni dell’Università di Torino, indaga i modi e le eccezionali condizioni di implementazione dello smart working in periodo emergenziale, alla ricerca dei segnali di un cambio di orientamento verso il futuro all’interno delle imprese. Infatti, prima della diffusione del Coronavirus, in Italia il lavoro da remoto interessava una platea ridottissima di lavoratori e lavoratrici per una porzione molto limitata di giorni, inoltre le ricerche sociologiche rilevavano come il lavoro a distanza avesse molteplici implicazioni sia in relazione alla produttività aziendale sia al benessere dei lavoratori. Per fare questo sono state interpellate 24 imprese (manifatturiere e dei servizi, per lo più di dimensioni medio-grandi e operanti sul territorio torinese nel settore privato). L’analisi del materiale raccolto ha interessato numerosi temi: la situazione pregressa e la reazione di fronte all’evento pandemico, l’implementazione dello smart working, le conseguenze sull’organizzazione del lavoro, la formazione, le prospettive per il futuro. Questi sono stati ricondotti all’insieme dei processi di innovazione tecnologica, organizzativa e legati alla cultura aziendale che possono rivelarsi uno strumento per rispondere in maniera più pronta e appropriata alle sfide di un mercato sempre più globalizzato. I risultati della ricerca sono stati riletti in chiave di suggerimenti di policy per la futura implementazione strutturale del lavoro da remoto.

Digitalizzazione e PMI Mappatura del processo di digitalizzazione delle imprese piemontesi (primo rapporto)

Nell'estate del 2019 il «Centro Luigi Bobbio» dell'Università di Torino ha svolto un'indagine sulle rappresentazioni sociali dello sviluppo, intervistando un ampio campione rappresentativo di 2.000 cittadini piemontesi e 2.000 italiani, e un campione a “scelta ragionata” di 169 testimoni qualificati del Piemonte, selezionati a livello regionale e provinciale tra i rappresentanti del mondo associativo, politico e istituzionale. La ricerca, realizzata prima dell'esplosione dell'emergenza Covid-19, restituiva uno sguardo molto preoccupato sul futuro della regione e del nostro paese. Una sensazione di declino che, seppure non inevitabile, veniva percepita come altamente probabile. Proiettandosi in un orizzonte temporale di dieci anni, la maggioranza relativa degli intervistati immaginava una situazione sociale ed economica peggiore rispetto a quella allora presente. Il pessimismo, in particolare, prevaleva tra i giovani, i ceti popolari e i lavoratori autonomi. L'indagine, realizzata dall'istituto Demetra, è stata ripetuta tra il 7 giugno e l'8 agosto 2021, in collaborazione con Noovle, una società del gruppo Telecom, intervistando un campione rappresentativo di 1.000 cittadini piemontesi e 1.000 italiani e un campione a scelta ragionata di 161 testimoni qualificati del Piemonte. I risultati mostrano che la pandemia ha cambiato radicalmente lo scenario, rilanciando l'ottimismo. Quest'ultimo denota un atteggiamento positivo verso il futuro, che induce a ritenere più probabile il verificarsi di avvenimenti favorevoli piuttosto che il contrario. Si tratta perciò di un modo particolare di guardare al domani, anticipando delle previsioni positive. Ciò che possiamo dire oggi è che il futuro immaginato dai piemontesi e dagli italiani per il prossimo decennio è più favorevole di quanto non lo fosse prima della pandemia.

Fuel my fire - Social media, politica e hate speech in Italia

Questo blue paper riporta i risultati di una ricerca volta a offrire una concettualizzazione e quantificazione del linguaggio d'odio tra le pagine Facebook dei principali leader politici in Italia. La prima parte di questo blue paper propone una rassegna teorica della letteratura su incivility (utilizzo di linguaggio volgare o che viola norme di educazione condivise) e hate speech (utilizzo di insulti o minacce direzionate a individui o gruppi), due fenomeni spesso sovrapposti ma che invece presentano importanti differenze.

Nella seconda parte viene descritto un dizionario, o "lessico", basato sulla letteratura sul tema e finalizzato a quantificare incivility e hate speech all'interno di testi, come i commenti prodotti dagli utenti di piattaforme social media. Infine, la terza parte del blue paper presenta i risultati di uno studio empirico che utilizza metodi di analisi testuale quantitativa per osservare la prevalenza di incivility e hate speech tra i post e i commenti a tali post di 5 leader politici italiani (Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Nicola Zingaretti, Silvio Berlusconi e Vito Crimi) osservati da febbraio 2020 a febbraio 2021.

Come evidenziato dalle analisi, Meloni, Salvini e Crimi sono i leader che utilizzano con maggior frequenza post caratterizzati da termini catalogabili come hate speech o incivility (principalmente per riportare commenti di terzi rivolti a loro); allo stesso modo, anche i commenti relativi ai loro post sono quelli in cui è più probabile trovare contenuti analoghi, pubblicati dagli utenti.

L’aggressività verbale è la dimensione più prominente dei discorsi d’odio sia per i leader sia per le loro community, mentre il linguaggio volgare (incivility) è la seconda dimensione per rilevanza. I post che presentano maggiore incivility e hate speech sono associati a un numero più elevato di like, condivisioni e commenti rispetto a post neutri. Infine, si osserva una corrispondenza, particolarmente significativa per Meloni e Salvini, fra post e commenti in termini di linguaggio contenente hate speech. Questo suggerisce che, per quanto riguarda il confronto verbale sui social media in Italia, l'odio alimenta odio.

Giovani e pandemia

Nel corso degli ultimi due anni, il discorso pubblico si è frequentemente soffermato sulla condizione psicologica e sociale dei più giovani, meno colpiti in termini di infezioni e decessi a causa del Sars-Cov-19, ma bruscamente interrotti nei loro corsi di vita in costruzione. Gli effetti di tale crisi generazionale, ancora in corso, hanno prodotto numerose conseguenze nella sfera emotiva, psicologica, sociale e formativo-professionale dei giovani e degli adolescenti, dimensioni che saranno oggetto della ricerca qui presentata.

Tutto questo e avvenuto in una realtà come quella italiana dove i giovani erano "i perdenti della globalizzazione" e dove le ricerche mostravano già prima della pandemia le difficolta dei giovani a trovare lavoro e a immaginarsi e progettare il loro futuro e la loro transizione alla vita adulta. Forse anche stretti da un contesto economico e sociale che spesso offre loro poche opportunità.

Nella ricerca "Pandemia e Giovani" realizzata sul territorio di Torino e provincia, abbiamo allora indagato a fondo sia le emozioni da loro provate dall’inizio della crisi sanitaria, sia le strategie da loro utilizzate per affrontare questo periodo carico di incertezze. Si tratta di una ricerca dell'Università di Torino, del Dipartimento di Culture, Politiche e Società e dell'Osservatorio Università e Professioni e del Centro Luigi Bobbio. Nella ricerca abbiamo tentato di cogliere le loro difficoltà, ma anche di sondare se si intravedono degli spazi positivi in termini di crescita e di proiezioni verso il futuro, nonché di acquisizioni di abilità e competenze che, spesso, i periodi difficoltosi obbligano a mettere in campo. Ci siamo posti l'obiettivo di verificare se i giovani, in questo periodo di difficoltà, abbiano acquisito anche insegnamenti e abilità utili a vivere meglio e a superare ulteriori ostacoli che si proporranno lungo il loro corso di vita. La ricerca si propone di suggerire specifiche azioni che possano rinforzare le abilità acquisite.

In particolare, abbiamo rilevato:
  • le emozioni provate dagli adolescenti e dai giovani torinesi nei mesi successivi allo scoppio dell’emergenza sanitaria (emozioni positive e negative, tra cui gioie e paure; solitudine; i vissuti di destabilizzazione e la paura dei cambiamenti)
  • le strategie da loro utilizzate per affrontare questo periodo, cosa li ha aiutati a gestire i cambiamenti e l'incertezza di questo momento
  • il livello di compliance alle restrizioni e alle misure anti Covid
  • come si è modificata la percezione del futuro e come si sono immaginati nella realizzazione lavorativa in un clima di generale incertezza.

Il giovane Piemonte Tra sfide demografiche e opportunità di sviluppo

Il Piemonte sta vivendo una significativa crisi demografica, con una continua diminuzione della popolazione giovanile, fenomeno che si inserisce in un più ampio processo di invecchiamento demografico che interessa l’Italia e l’Europa. La regione, pur mantenendo un tasso di occupazione giovanile superiore alla media nazionale, si trova di fronte a sfide importanti legate alla precarietà del lavoro, al ritardo nel raggiungimento dell’autonomia e alla difficoltà di accesso a un adeguato livello di benessere. Negli ultimi decenni, la popolazione giovanile piemontese è diminuita di quasi un terzo, e l'indice di vecchiaia ha posto il Piemonte tra le regioni italiane con il maggiore invecchiamento. Questo scenario genera un circolo vizioso tra fragilità demografica ed economica, in cui la diminuzione della popolazione giovanile porta a una contrazione della forza lavoro, influendo negativamente sullo sviluppo e sulle opportunità economiche. Esiste, quindi, una questione giovanile in Piemonte, che rappresenta una cartina di tornasole dello stato di salute del suo modello di sviluppo. Infatti, alla regione-giovane dell'epoca dello sviluppo, si contrappone oggi la regione-vecchia dell'epoca del regresso. Tuttavia, a fronte di questo declino, sta emergendo una nuova generazione di giovani che si distingue per il proprio impegno sociale, una maggiore mobilitazione politica e una rinnovata partecipazione nella sfera pubblica. Il “Centro «Luigi Bobbio» per la ricerca sociale pubblica e applicata” dell’Università di Torino ha condotto una ricerca empirica tra i giovani piemontesi, analizzando temi cruciali come il lavoro, le tecnologie, la percezione del futuro, i valori e la partecipazione politica. I risultati evidenziano uno “sguardo preoccupato” verso il futuro, con particolare attenzione alle condizioni materiali di vita, ma anche un diffuso ottimismo tecnologico, accompagnato da una crescente sensibilità verso la sostenibilità ambientale e la giustizia sociale. La ricerca mostra inoltre una forte mobilitazione su temi come il cambiamento climatico, i diritti civili e l’antifascismo, sebbene la fiducia nelle istituzioni tradizionali sia piuttosto bassa. Ciò che emerge da questo studio è la nascita di una nuova generazione, quella della policrisi, caratterizzata da atteggiamenti e comportamenti distintivi, che sta cercando di delineare un futuro alternativo, meno legato ai modelli di sviluppo tradizionali e più orientato verso la sostenibilità e l'inclusione sociale. Questa generazione, tuttavia, rimane in gran parte invisibile alla politica, che spesso non riesce a rispondere adeguatamente alle loro aspettative e bisogni. Il rapporto sottolinea l'urgenza di sviluppare politiche giovanili integrate, che favoriscano l'autonomia, la partecipazione attiva e l'inclusione dei giovani nel processo di trasformazione della regione, in modo da sostenere un rilancio economico e sociale basato su innovazione tecnologica e sostenibilità. Piedmont is experiencing a significant demographic crisis, with a continuous decline in the youth population, a phenomenon that fits into a broader demographic aging process affecting Italy and Europe. The region, while maintaining a youth employment rate higher than the national average, faces major challenges related to job insecurity, delays in achieving independence, and difficulty accessing an adequate standard of living. In recent decades, the youth population in Piedmont has decreased by almost a third, and the aging index has placed the region among the Italian regions with the highest rate of aging. This scenario creates a vicious circle between demographic and economic fragility, in which the decrease in the youth population leads to a contraction in the workforce, negatively impacting development and economic opportunities. Therefore, there is a youth issue in Piedmont, which acts as a litmus test for the health of its development model. The region once vibrant with a youthful population in the era of development now stands as a region dominated by the elderly in this era of decline. However, in the face of this decline, a new generation of young people is emerging, distinguished by its social commitment, greater political mobilization, and renewed participation in the public sphere. The “Centro «Luigi Bobbio» for Public and Applied Social Research” at the University of Turin conducted an empirical study among young people in Piedmont, analyzing key themes such as work, technology, perceptions of the future, values, and political participation. The results highlight a "worried outlook" towards the future, particularly regarding the material conditions of life, but also a widespread technological optimism, accompanied by an increasing sensitivity towards environmental sustainability and social justice. The research also reveals strong mobilization on issues such as climate change, civil rights, and antifascism, although trust in traditional institutions is relatively low. What emerges from this study is the birth of a new generation, that of the polycrisis, characterized by distinctive attitudes and behaviors, seeking to outline an alternative future, less tied to traditional development models and more focused on sustainability and social inclusion. This generation, however, remains largely invisible to politics, which often fails to respond adequately to their expectations and needs. The report emphasizes the urgent need to develop integrated youth policies that promote autonomy, active participation, and the inclusion of young people in the region's transformation process, in order to support an economic and social revival based on technological innovation and sustainability.

Il terzo settore nello scenario della pandemia. Tra economia e politica

L’obiettivo di questo studio è la ricostruzione del quadro delle trasformazioni del Terzo settore innescate dalla pandemia di Covid-19. In particolare, il progetto si propone di ricostruire le trasformazioni e le strategie a partire da due dimensioni: quella politica e quella economica. Su entrambi i fronti, infatti, la crisi determina al contempo rischi e opportunità che possono impattare profondamente sulla vita degli enti e sul ruolo che il Terzo settore ricopre nella nostra società. La prospettiva adottata si concentra nello specifico sulle conseguenze che questo scenario ha avuto e avrà sulle organizzazioni di Terzo settore: in che modo queste sono riuscite, e riescono, a sopravvivere alla fase emergenziale e come (e se) ne sono state trasformate. Per ragionare su queste dinamiche, è innanzitutto necessario collocare la pandemia all’interno di un quadro più ampio in cui altri driver di cambiamento impattano sulla struttura del variegato mondo del Terzo settore. L’orizzonte della ricerca, dunque, non è si è concentrato unicamente sull’impatto di breve termine della pandemia, ma si è allargato fino a comprendere una riflessione di medio periodo che permettesse di delineare alcune linee di trasformazione con radici più profonde. Coerentemente con queste domande di ricerca, resta sullo sfondo il ruolo che le organizzazioni nonprofit hanno avuto in questa delicata fase, e la ricostruzione del contributo dato in particolare in relazione all’implementazione delle misure previste dai vari DPCM che si sono susseguiti nel periodo pandemico. Un ulteriore tratto distintivo della ricerca è quello di tenere insieme il livello nazionale con quello locale. La scelta muove dalla consapevolezza che solo sui territori è possibile cogliere quei processi di grana fine che permettono una migliore comprensione delle dinamiche innescate dalla pandemia, e delle interazioni con i contesti locali su cui innestano. Per questo motivo la ricerca si è articolata in due fasi: un primo step dedicato alle trasformazioni a livello nazionale, esplorate attraverso dati e interviste a testimoni qualificati, e un secondo in cui sono stati analizzati, attraverso interviste e analisi documentale, due contesti locali. Il report prodotto ricalca dunque il disegno della ricerca, e si compone di due parti. La prima parte contiene una sezione introduttiva dedicata all’analisi dei dati, un affondo sulle precedenti ricerche sul Terzo settore nel contesto pandemico, e l’analisi dei temi emersi dalle interviste dei testimoni qualificati, che dispongono di uno sguardo privilegiato sulle dinamiche di livello nazionale. La seconda sarà invece dedicata all’analisi delle realtà locali di Biella e Foggia, oggetto di due studi di caso. Completano il documento alcune riflessioni conclusive e un’appendice contenente la totalità dei dati analizzati e il dettaglio della documentazione empirica raccolta.

La didattica a distanza nell'Università di Torino durante l'emergenza Covid. Il modello del decentramento coordinato

Durante l’emergenza Covid-19, le Università italiane hanno assicurato la continuità della funzione formativa svolgendo la loro didattica “a distanza” (DaD). Come hanno vissuto quest’esperienza i professori e i ricercatori impegnati in prima linea nell’insegnamento? È andato davvero tutto bene? E, soprattutto, finita l’emergenza, che cosa rimarrà di quanto appreso da questa esperienza? È possibile trarne alcuni insegnamenti che possano migliorare la didattica di quella che sarà la “nuova normalità della vita universitaria”? A seguito della ricerca nazionale condotta in giugno 2020 il Centro “Luigi Bobbio” ha replicato l’indagine, nel mese di luglio 2020, su tutti i docenti dell’Università di Torino, inclusi quelli a contratto. Al questionario hanno risposto in 986, con un tasso di risposta che ha superato il 40% tra i docenti e ricercatori di ruolo e a tempo determinato.

La diffusione del doppio cognome a Torino

La diffusione del doppio cognome ha suscitato un interesse significativo dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha reso illegittima la trasmissione automatica del cognome paterno ai figli. Questo studio si propone di esaminare l'adozione del doppio cognome nei neonati torinesi nel periodo compreso tra giugno 2022 e dicembre 2023. L'analisi si basa su 8650 atti di nascita registrati presso il comune di Torino. Nel periodo post-sentenza, l'84,7% dei neonati ha ricevuto solo il cognome paterno, mentre il 12,1% ha ricevuto il doppio cognome. Tuttavia, il primo cognome è generalmente quello paterno nel 92,6% dei casi di doppio cognome. L'incidenza del doppio cognome è stata analizzata anche in relazione alla cittadinanza dei genitori e allo stato civile della madre. Si osserva un’associazione significativa tra stato civile e scelta del cognome, con un maggiore utilizzo del doppio cognome tra le madri non coniugate. Inoltre, le “coppie miste” con madre italiana e padre straniero mostrano una tendenza più marcata verso l'uso del doppio cognome, suggerendo che questa scelta possa riflettere una strategia per mantenere parte dell’identità italiana laddove la trasmissione automatica del cognome paterno non lo consentirebbe. Inoltre, la distribuzione del doppio cognome sul territorio comunale risulta molto variabile, con una concentrazione maggiore nei quartieri semi-centrali e a ridosso della collina. La distribuzione è statisticamente spiegabile in buona misura con il reddito medio del quartiere e ciò è interpretabile come indicatore dell’influenza di orientamenti culturali relativi alla parità di genere e alle relazioni familiari, maggiormente diffusi nei quartieri a più alto reddito. Seguendo la teoria della diffusione delle innovazioni di Rogers, l’analisi suggerisce che l'adozione del doppio cognome richiederà tempo e un ambiente socio-culturale favorevole. In base alla teoria e ai risultati empirici ottenuti finora si può ipotizzare che al momento siano solo i cosiddetti early adopters ad aver scelto di sperimentare l’innovazione costituita dal doppio cognome.
Ringraziamenti
L’autore ringrazia Katya Finardi del Comune di Torino per il puntuale lavoro di raccolta e trasmissione dei dati degli atti di nascita; i colleghi Francesco Fiermonte e Davide Pellegrino del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio dell’Università e del Politecnico di Torino per la realizzazione della mappa presentata in Figura 3; i colleghi Giulia Dotti Sani, Riccardo Ladini e Francesco Molteni del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università di Milano per i commenti a una prima versione di questo testo.