Le notizie locali sui temi delle pari opportunità promuovono l'innovazione discorsiva? Il contesto digitale è più innovativo in termini di partecipazione femminile e logiche produttive giornalistiche? La convergenza tra media digitali e legacy contribuisce ai processi di inclusione?
La seconda edizione del monitoraggio dei media locali piemontesi, condotto dall’Osservatorio Regionale Antidiscriminazioni (ORA), composto dal Centro interdisciplinare Cirsde dell’Università di Torino e dall’associazione GiULiA Giornaliste del Piemonte, in convenzione con la Regione Piemonte, ha affrontato questi interrogativi analizzando 6.346 contenuti prodotti tra il 1° novembre 2023 e il 31 luglio 2024.
L’indagine, che ha osservato i temi di genere e disabilità, ha coinvolto 19 testate cartacee, 27 pagine Facebook locali e il telegiornale regionale, portando all’analisi di 4.175 articoli cartacei, 1.833 notizie digitali e 338 servizi televisivi.
I risultati evidenziano che l’informazione locale varia significativamente tra le province, riflettendo i valori e le identità specifiche di ciascun territorio, così come notevoli sono le differenze tra i media cartacei e digitali.
Il Piemonte sta vivendo una significativa crisi demografica, con una continua diminuzione della popolazione giovanile, fenomeno che si inserisce in un più ampio processo di invecchiamento demografico che interessa l’Italia e l’Europa. La regione, pur mantenendo un tasso di occupazione giovanile superiore alla media nazionale, si trova di fronte a sfide importanti legate alla precarietà del lavoro, al ritardo nel raggiungimento dell’autonomia e alla difficoltà di accesso a un adeguato livello di benessere. Negli ultimi decenni, la popolazione giovanile piemontese è diminuita di quasi un terzo, e l'indice di vecchiaia ha posto il Piemonte tra le regioni italiane con il maggiore invecchiamento. Questo scenario genera un circolo vizioso tra fragilità demografica ed economica, in cui la diminuzione della popolazione giovanile porta a una contrazione della forza lavoro, influendo negativamente sullo sviluppo e sulle opportunità economiche. Esiste, quindi, una questione giovanile in Piemonte, che rappresenta una cartina di tornasole dello stato di salute del suo modello di sviluppo. Infatti, alla regione-giovane dell'epoca dello sviluppo, si contrappone oggi la regione-vecchia dell'epoca del regresso. Tuttavia, a fronte di questo declino, sta emergendo una nuova generazione di giovani che si distingue per il proprio impegno sociale, una maggiore mobilitazione politica e una rinnovata partecipazione nella sfera pubblica.

Il “Centro «Luigi Bobbio» per la ricerca sociale pubblica e applicata” dell’Università di Torino ha condotto una ricerca empirica tra i giovani piemontesi, analizzando temi cruciali come il lavoro, le tecnologie, la percezione del futuro, i valori e la partecipazione politica. I risultati evidenziano uno “sguardo preoccupato” verso il futuro, con particolare attenzione alle condizioni materiali di vita, ma anche un diffuso ottimismo tecnologico, accompagnato da una crescente sensibilità verso la sostenibilità ambientale e la giustizia sociale. La ricerca mostra inoltre una forte mobilitazione su temi come il cambiamento climatico, i diritti civili e l’antifascismo, sebbene la fiducia nelle istituzioni tradizionali sia piuttosto bassa.
Ciò che emerge da questo studio è la nascita di una nuova generazione, quella della policrisi, caratterizzata da atteggiamenti e comportamenti distintivi, che sta cercando di delineare un futuro alternativo, meno legato ai modelli di sviluppo tradizionali e più orientato verso la sostenibilità e l'inclusione sociale. Questa generazione, tuttavia, rimane in gran parte invisibile alla politica, che spesso non riesce a rispondere adeguatamente alle loro aspettative e bisogni. Il rapporto sottolinea l'urgenza di sviluppare politiche giovanili integrate, che favoriscano l'autonomia, la partecipazione attiva e l'inclusione dei giovani nel processo di trasformazione della regione, in modo da sostenere un rilancio economico e sociale basato su innovazione tecnologica e sostenibilità.


Piedmont is experiencing a significant demographic crisis, with a continuous decline in the youth population, a phenomenon that fits into a broader demographic aging process affecting Italy and Europe. The region, while maintaining a youth employment rate higher than the national average, faces major challenges related to job insecurity, delays in achieving independence, and difficulty accessing an adequate standard of living. In recent decades, the youth population in Piedmont has decreased by almost a third, and the aging index has placed the region among the Italian regions with the highest rate of aging. This scenario creates a vicious circle between demographic and economic fragility, in which the decrease in the youth population leads to a contraction in the workforce, negatively impacting development and economic opportunities. Therefore, there is a youth issue in Piedmont, which acts as a litmus test for the health of its development model. The region once vibrant with a youthful population in the era of development now stands as a region dominated by the elderly in this era of decline. However, in the face of this decline, a new generation of young people is emerging, distinguished by its social commitment, greater political mobilization, and renewed participation in the public sphere.

The “Centro «Luigi Bobbio» for Public and Applied Social Research” at the University of Turin conducted an empirical study among young people in Piedmont, analyzing key themes such as work, technology, perceptions of the future, values, and political participation. The results highlight a "worried outlook" towards the future, particularly regarding the material conditions of life, but also a widespread technological optimism, accompanied by an increasing sensitivity towards environmental sustainability and social justice. The research also reveals strong mobilization on issues such as climate change, civil rights, and antifascism, although trust in traditional institutions is relatively low.
What emerges from this study is the birth of a new generation, that of the polycrisis, characterized by distinctive attitudes and behaviors, seeking to outline an alternative future, less tied to traditional development models and more focused on sustainability and social inclusion. This generation, however, remains largely invisible to politics, which often fails to respond adequately to their expectations and needs. The report emphasizes the urgent need to develop integrated youth policies that promote autonomy, active participation, and the inclusion of young people in the region's transformation process, in order to support an economic and social revival based on technological innovation and sustainability.
Questa scheda analizza il territorio di Bonaire ed è parte di Europa d’Oltremare: un Atlante delle culture, realizzato da Arcipelago Europa – Centro di ricerca su Culture, Società e Ambienti nell'Europa d’Oltremare.

Europa d’Oltremare: un Atlante delle culture è un progetto di pubblicazione che mira a diffondere la conoscenza degli Oltremare europei ponendo attenzione alle relazioni sociali e agli ambienti, alle peculiarità linguistiche, culturali e istituzionali, alle relazioni interetniche e alle diseguaglianze socioeconomiche, alle forme di autonomia e alle rivendicazioni di sovranità. Si tratta di un atlante socioculturale composto di schede dedicate ai singoli Paesi e Territori d’Oltremare (PTOM) e Regioni Ultraperiferiche (RUP) dell’Unione europea. Le schede sono curate da Arcipelago Europa in collaborazione con docenti, ricercatori, ricercatrici, specialisti e specialiste degli e dagli Oltremare.

Nell'ordinamento dell’Unione europea i Paesi e Territori d’Oltremare (PTOM) sono isole associate all'UE in virtù della relazione speciale che intrattengono con uno degli Stati membri (Francia,Danimarca, Regno dei Paesi Bassi). Seppur non indipendenti, i PTOM sono dotati di peculiari forme di autonomia nei confronti degli Stati a cui sono legati. Essi non fanno parte del territorio dell’UE, ma i loro abitanti sono cittadini europei e partecipano alle elezioni europee.

Le Regioni Ultraperiferiche (RUP), invece, fanno parte dell’UE, in quanto parte integrante del territorio di uno degli Stati membri (Spagna, Portogallo, Francia). Vi si applicano pienamente il diritto nazionale e quello comunitario.
La diffusione del doppio cognome ha suscitato un interesse significativo dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha reso illegittima la trasmissione automatica del cognome paterno ai figli. Questo studio si propone di esaminare l'adozione del doppio cognome nei neonati torinesi nel periodo compreso tra giugno 2022 e dicembre 2023. L'analisi si basa su 8650 atti di nascita registrati presso il comune di Torino. Nel periodo post-sentenza, l'84,7% dei neonati ha ricevuto solo il cognome paterno, mentre il 12,1% ha ricevuto il doppio cognome. Tuttavia, il primo cognome è generalmente quello paterno nel 92,6% dei casi di doppio cognome. L'incidenza del doppio cognome è stata analizzata anche in relazione alla cittadinanza dei genitori e allo stato civile della madre. Si osserva un’associazione significativa tra stato civile e scelta del cognome, con un maggiore utilizzo del doppio cognome tra le madri non coniugate. Inoltre, le “coppie miste” con madre italiana e padre straniero mostrano una tendenza più marcata verso l'uso del doppio cognome, suggerendo che questa scelta possa riflettere una strategia per mantenere parte dell’identità italiana laddove la trasmissione automatica del cognome paterno non lo consentirebbe. Inoltre, la distribuzione del doppio cognome sul territorio comunale risulta molto variabile, con una concentrazione maggiore nei quartieri semi-centrali e a ridosso della collina. La distribuzione è statisticamente spiegabile in buona misura con il reddito medio del quartiere e ciò è interpretabile come indicatore dell’influenza di orientamenti culturali relativi alla parità di genere e alle relazioni familiari, maggiormente diffusi nei quartieri a più alto reddito. Seguendo la teoria della diffusione delle innovazioni di Rogers, l’analisi suggerisce che l'adozione del doppio cognome richiederà tempo e un ambiente socio-culturale favorevole. In base alla teoria e ai risultati empirici ottenuti finora si può ipotizzare che al momento siano solo i cosiddetti early adopters ad aver scelto di sperimentare l’innovazione costituita dal doppio cognome.
Ringraziamenti
L’autore ringrazia Katya Finardi del Comune di Torino per il puntuale lavoro di raccolta e trasmissione dei dati degli atti di nascita; i colleghi Francesco Fiermonte e Davide Pellegrino del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio dell’Università e del Politecnico di Torino per la realizzazione della mappa presentata in Figura 3; i colleghi Giulia Dotti Sani, Riccardo Ladini e Francesco Molteni del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università di Milano per i commenti a una prima versione di questo testo.
Questo saggio si propone di arricchire il dibattito sulla ristrutturazione del modello di sviluppo del Piemonte, una delle regioni più industrializzate d’Italia. I suoi quattro obiettivi sono: a) individuare le principali fragilità del sistema socio-economico; b) fornire una panoramica semplificata delle politiche di sviluppo degli ultimi anni; c) approfondire alcuni interventi significativi a sostegno dell'economia piemontese; d) riflettere sull'adeguatezza di tali politiche. Il saggio inizia evidenziando le sfide del Piemonte nel ritorno ai fasti del passato, confrontandosi con altre regioni settentrionali caratterizzate da una ricchezza pro-capite più elevata e una disoccupazione più contenuta. Si sottolinea la necessità di arrestare il declino, ma si evita di enfatizzarlo e ci si focalizza sulla complessa transizione da un passato manifatturiero a un'economia pluri-specializzata, evidenziando lo sbilanciamento dell’asse del suo sviluppo, sia sul piano geografico che strutturale. L'analisi delle politiche di sviluppo rivela interventi che, anziché equilibrare lo sviluppo, tendono a rafforzare la postura tradizionale, privilegiando il settore manifatturiero rispetto ai servizi e mostrando una minore attenzione alle PMI rispetto a quanto fatto in altre regioni del Centro-Nord. Le rappresentazioni della traiettoria di sviluppo tra policy-makers e altri stakeholder piemontesi sono ancorate al passato, focalizzandosi sulla manifattura e sull'azione rinnovata delle imprese capo-filiera. Tuttavia, questa visione limita le prospettive di sviluppo, restringendo l'orizzonte a quanto già conosciuto. La crisi del settore automotive, e della sua impresa principale, non ha messo infatti in discussione il modello di sviluppo basato sulle reti gerarchizzate, ma è per lo più interpretata come una fase della storia economica regionale che potrebbe essere superata con l’emergere di altre imprese leader. Le conclusioni suggeriscono la necessità di rinnovare la cornice epistemica per lo sviluppo futuro del Piemonte, con un'attenzione particolare alle imprese di medie e piccole dimensioni, alla servitizzazione della manifattura e alla diversificazione nei modelli di sviluppo sub-regionale.
Questa scheda analizza il territorio di Madera ed è parte di Europa d’Oltremare: un Atlante delle culture, realizzato da Arcipelago Europa – Centro di ricerca su Culture, Società e Ambienti nell’Europa d’Oltremare.

Europa d’Oltremare: un Atlante delle culture è un progetto di pubblicazione che mira a diffondere la conoscenza degli Oltremare europei ponendo attenzione alle relazioni sociali e agli ambienti, alle peculiarità linguistiche, culturali e istituzionali, alle relazioni interetniche e alle diseguaglianze socioeconomiche, alle forme di autonomia e alle rivendicazioni di sovranità. Si tratta di un atlante socioculturale composto di schede dedicate ai singoli Paesi e Territori d’Oltremare (PTOM) e Regioni Ultraperiferiche (RUP) dell’Unione europea. Le schede sono curate da Arcipelago Europa in collaborazione con docenti, ricercatori, ricercatrici, specialisti e specialiste degli e dagli Oltremare.

Nell’ordinamento dell’Unione europea i Paesi e Territori d’Oltremare (PTOM) sono isole associate all’UE in virtù della relazione speciale che intrattengono con uno degli Stati membri (Francia, Danimarca, Regno dei Paesi Bassi). Seppur non indipendenti, i PTOM sono dotati di peculiari forme di autonomia nei confronti degli Stati a cui sono legati. Essi non fanno parte del territorio dell’UE, ma i loro abitanti sono cittadini europei e partecipano alle elezioni europee.

Le Regioni Ultraperiferiche (RUP), invece, fanno parte dell’UE, in quanto parte integrante del territorio di uno degli Stati membri (Spagna, Portogallo, Francia). Vi si applicano pienamente il diritto nazionale e quello comunitario.

Questa scheda analizza il territorio di Saint-Pierre-et-Miquelon ed è parte di Europa d’Oltremare: un Atlante delle culture, realizzato da Arcipelago Europa – Centro di ricerca su Culture, Società e Ambienti nell’Europa d’Oltremare.

Europa d’Oltremare: un Atlante delle culture è un progetto di pubblicazione che mira a diffondere la conoscenza degli Oltremare europei ponendo attenzione alle relazioni sociali e agli ambienti, alle peculiarità linguistiche, culturali e istituzionali, alle relazioni interetniche e alle diseguaglianze socioeconomiche, alle forme di autonomia e alle rivendicazioni di sovranità. Si tratta di un atlante socioculturale composto di schede dedicate ai singoli Paesi e Territori d’Oltremare (PTOM) e Regioni Ultraperiferiche (RUP) dell’Unione europea. Le schede sono curate da Arcipelago Europa in collaborazione con docenti, ricercatori, ricercatrici, specialisti e specialiste degli e dagli Oltremare.

Nell’ordinamento dell’Unione europea i Paesi e Territori d’Oltremare (PTOM) sono isole associate all’UE in virtù della relazione speciale che intrattengono con uno degli Stati membri (Francia,Danimarca, Regno dei Paesi Bassi). Seppur non indipendenti, i PTOM sono dotati di peculiari forme di autonomia nei confronti degli Stati a cui sono legati. Essi non fanno parte del territorio dell’UE, ma i loro abitanti sono cittadini europei e partecipano alle elezioni europee.

Le Regioni Ultraperiferiche (RUP), invece, fanno parte dell’UE, in quanto parte integrante del territorio di uno degli Stati membri (Spagna, Portogallo, Francia). Vi si applicano pienamente il diritto nazionale e quello comunitario.

L’obiettivo di questo studio è la ricostruzione del quadro delle trasformazioni del Terzo settore innescate dalla pandemia di Covid-19. In particolare, il progetto si propone di ricostruire le trasformazioni e le strategie a partire da due dimensioni: quella politica e quella economica. Su entrambi i fronti, infatti, la crisi determina al contempo rischi e opportunità che possono impattare profondamente sulla vita degli enti e sul ruolo che il Terzo settore ricopre nella nostra società.
La prospettiva adottata si concentra nello specifico sulle conseguenze che questo scenario ha avuto e avrà sulle organizzazioni di Terzo settore: in che modo queste sono riuscite, e riescono, a sopravvivere alla fase emergenziale e come (e se) ne sono state trasformate. Per ragionare su queste dinamiche, è innanzitutto necessario collocare la pandemia all’interno di un quadro più ampio in cui altri driver di cambiamento impattano sulla struttura del variegato mondo del Terzo settore. L’orizzonte della ricerca, dunque, non è si è concentrato unicamente sull’impatto di breve termine della pandemia, ma si è allargato fino a comprendere una riflessione di medio periodo che permettesse di delineare alcune linee di trasformazione con radici più profonde. Coerentemente con queste domande di ricerca, resta sullo sfondo il ruolo che le organizzazioni nonprofit hanno avuto in questa delicata fase, e la ricostruzione del contributo dato in particolare in relazione all’implementazione delle misure previste dai vari DPCM che si sono susseguiti nel periodo pandemico.
Un ulteriore tratto distintivo della ricerca è quello di tenere insieme il livello nazionale con quello locale. La scelta muove dalla consapevolezza che solo sui territori è possibile cogliere quei processi di grana fine che permettono una migliore comprensione delle dinamiche innescate dalla pandemia, e delle interazioni con i contesti locali su cui innestano. Per questo motivo la ricerca si è articolata in due fasi: un primo step dedicato alle trasformazioni a livello nazionale, esplorate attraverso dati e interviste a testimoni qualificati, e un secondo in cui sono stati analizzati, attraverso interviste e analisi documentale, due contesti locali.
Il report prodotto ricalca dunque il disegno della ricerca, e si compone di due parti. La prima parte contiene una sezione introduttiva dedicata all’analisi dei dati, un affondo sulle precedenti ricerche sul Terzo settore nel contesto pandemico, e l’analisi dei temi emersi dalle interviste dei testimoni qualificati, che dispongono di uno sguardo privilegiato sulle dinamiche di livello nazionale. La seconda sarà invece dedicata all’analisi delle realtà locali di Biella e Foggia, oggetto di due studi di caso. Completano il documento alcune riflessioni conclusive e un’appendice contenente la totalità dei dati analizzati e il dettaglio della documentazione empirica raccolta.
La ricerca “Criticità, potenzialità e fattori di implementazione del lavoro da remoto”, nata dalla collaborazione fra il Centro Luigi Bobbio per la Ricerca Sociale Pubblica e Applicata e l’Osservatorio su Università e Professioni dell’Università di Torino, indaga i modi e le eccezionali condizioni di implementazione dello smart working in periodo emergenziale, alla ricerca dei segnali di un cambio di orientamento verso il futuro all’interno delle imprese. Infatti, prima della diffusione del Coronavirus, in Italia il lavoro da remoto interessava una platea ridottissima di lavoratori e lavoratrici per una porzione molto limitata di giorni, inoltre le ricerche sociologiche rilevavano come il lavoro a distanza avesse molteplici implicazioni sia in relazione alla produttività aziendale sia al benessere dei lavoratori.
Per fare questo sono state interpellate 24 imprese (manifatturiere e dei servizi, per lo più di dimensioni medio-grandi e operanti sul territorio torinese nel settore privato).
L’analisi del materiale raccolto ha interessato numerosi temi: la situazione pregressa e la reazione di fronte all’evento pandemico, l’implementazione dello smart working, le conseguenze sull’organizzazione del lavoro, la formazione, le prospettive per il futuro. Questi sono stati ricondotti all’insieme dei processi di innovazione tecnologica, organizzativa e legati alla cultura aziendale che possono rivelarsi uno strumento per rispondere in maniera più pronta e appropriata alle sfide di un mercato sempre più globalizzato. I risultati della ricerca sono stati riletti in chiave di suggerimenti di policy per la futura implementazione strutturale del lavoro da remoto.
Che ruolo hanno i media locali nel rappresentare le differenti identità presenti sul territorio?
L’informazione locale adotta approcci e linguaggi corretti nel trattare le diversità oppure riproduce stereotipi e logiche escludenti che alimentano forme di discriminazione?
La realtà delle donne e delle persone disabili trova una rappresentazione adeguata e attenta nell’informazione locale del Piemonte?

In questo scenario è nata l’iniziativa congiunta di ORA (Osservatorio Regionale Antidiscriminazioni), una proposta fortemente voluta dall’associazione GiULiA Giornaliste, gruppo del Piemonte, eseguita insieme al Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino grazie al sostegno della Regione Piemonte. Tra il 1 luglio 2021 e il 31 marzo 2022 è stata realizzata una ricerca impegnativa, unica nel suo genere, in grado di dare risposte aggiornate e scientificamente valide. Il lavoro ha interessato diciannove testate locali e i servizi del TGR Piemonte di cui sono state lette e codificate ben 9.952 notizie, tra articoli e servizi, precisamente 7.526 sul genere e 2.426 sulle disabilità.

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